Centro disturbo comportamentale alimentare

Centro disturbo comportamentale alimentare

Di cosa si occupa

Mangiare dovrebbe essere un atto naturale, un piacere, tuttavia oggi è
considerato un atto illecito, con l’aumento dell’obesità e dei disturbi comportamentali alimentari.
La ricerca disperata di “diete” per perdere peso in fretta e con poca fatica è
una moda, ma se manca la reale motivazione la fame vincerà e i chili
torneranno, rivelando un fallimento.
Spesso la fame è di natura emotiva, e privarci del piacere stesso di mangiare crea stress e fa aumentare il desiderio di ciò che va evitato.
Il cibo è sempre a disposizione e colma tutti quei desideri, quei bisogni quotidiani che mettiamo in secondo piano in nome del dovere e del dover essere, perdendo il suo reale significato di nutrimento per il corpo, diventando un mezzo per affrontare le situazioni della vita, un’abitudine.

Il nostro cervello non conosce la parola “dieta” ma solo l’energia chimica degli alimenti, quando si accorge che non ne arriva abbastanza , si adatta e inizia a risparmiare con estrema parsimonia.

Il successo per tornare in forma è quindi imparare a distinguere le emozioni dalla fame reale , affrontando la vita senza ricorrere al cibo, usando il buon senso ed il piacere.

La parola “dieta”,dal greco dìaita, vuol dire appunto “stile di vita”, non quindi sacrificarsi per qualche tempo con regimi restrittivi per perdere peso, ma bensì acquisire delle sane abitudini alimentari,che col tempo possano condurre ad una condizione di benessere, attraverso un percorso di consapevolezza e di cambiamento del vecchio stile di vita.
Il segreto per la riuscita di una dieta è capire e modificare il proprio atteggiamento verso il cibo, tornando a nutrirsi in base ai reali bisogni fisiologici, abbandonando le cattive abitudini alimentari acquisite fin dall’infanzia. Ogni individuo, infatti, è unico e deve essere protagonista del proprio percorso nutrizionale , cosciente del proprio corpo e delle reali esigenze che esso richiede per rimanere in salute ed equilibrio nel tempo.

Nei paesi occidentali industrializzati la prevalenza,nella popolazione a rischio( rappresentata da adolescenti e giovani adulti)va dallo 0,1% al 1,9% per l’Anoressia e dal 1% al 3% per la Bulimia.

La fascia d’età maggiormente colpita è quella compresa tra i 12 e i 18 anni per l’Anoressia e tra i 12 e 35 anni per la Bulimia.

Per disturbi delle condotte alimentari s’intende: Anoressia Nervosa, Bulimia Nervosa, Disturbo da alimentazione incontrollata, Ortoressia, Sindrome mangiatori notturni, Vigoressia.

I disturbi alimentari sono il prodotto di un intreccio multifattoriale di vissuti, eventi e condizioni che determinano delle alterazioni nel benessere psico-fisico dell’individuo.

La cultura del corpo, della perfezione, dei relativi canoni di bellezza, ma anche le sofferenze interiori, inducono ad avere un atteggiamento conflittuale e spesso patologico con il cibo.

I fattori che influiscono possono essere condotti essenzialmente a cinque fattori di rischio:

EVOLUTIVI: riguardano tutte le fasi in cui evolve l’organizzazione della personalità, come la pubertà, potente trasformazione biologica che coinvolge fantasie, pensieri, progetti, timori e speranze.

CULTURALI: trovano la loro sede privilegiata nelle pieghe della cultura dominante, dei suoi miti e riti, esempio del mito del corpo perfetto, cultura del fare, dell’avere, dell’apparire e del successo a tutti costi.
AMBIENTALI: che fanno capo al contesto extra-familiare con il quale, crescendo, ci si va a confrontare, il così detto gruppo dei pari.

TRAUMATICI: con i quali molte esistenze devono fare i conti come gli abusi e le violenze.

FAMILIARI: con tutto quello che significano le relazioni primarie nella vita di un individuo e il clima nel quale maturano crescita e lo sviluppo della personalità.

Tali patologie possono essere arginate solo se ci si impegna ad una formazione ed educazione del rispetto del proprio corpo, della consapevolezza che il cibo non può e non deve essere usato come ricatto e sfogo delle proprie sofferenze i mancanze. Poiché l’età maggiormente a rischio è quella adolescenziale è opportuno che i genitori e tutti coloro che ruotano attorno ai giovani adulti stiano discretamente attenti a qualsiasi campanello d’allarme e che si adoperino affinché ciascun adolescente, individuo prenda coscienza del valore della propria essenza.

La cura maniacale del corpo nasconde un vuoto di significato: il corpo si ritiene sostanzialmente ‘indegno’ di considerazione se non ‘a condizione’ di presentarsi in un ‘certo modo’ dal punto di vista dell’aspetto fisico.

Questo vuoto di senso, che paradossalmente si rende evidente nel tessuto culturale e sociale con una sorta di fissazione edonistica sul corpo, colpisce più il soggetto femminile di quello maschile, perché la donna ha un rapporto privilegiato con il ‘corpo’ ed è in qualche modo tenuta a rivolgere un’attenzione privilegiata ad esso.

Prendersi cura del proprio corpo, non deve significare omologarsi a modelli che spesso appaiono surreali, quanto piuttosto cercare una forma di bellezza e salute che sia unicamente sua, speciale, irripetibile e non omologabile.

Prendersi cura di sé non vuol dire rimuovere la consapevolezza della fragilità o dell’inevitabile deterioramento fisico del corpo, ricorrendo ad esempio al lifting per cancellare i segni dell’età, ma, come dice Hillman, avere il coraggio di rimanere fedeli alla faccia dell’età, dove la psiche coerente diventa un’immagine”

 

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